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È un vero scrigno di storia, di arte e di religiosità, che dà il senso del mistero racchiuso nelle antiche mura di questa fondazione angioina (1279) nel cuore del centro storico di Napoli. Nella sua storia plurisecolare, infatti, è stato oggetto di molteplici trasformazioni, come ampiamente documentato dalle tracce delle stratificazioni artistiche, che ne fanno un luogo di particolare interesse per la possibilità di lasciar convivere – come spesso avviene nelle antiche fondazioni monumentali – stili e sensibilità diverse, secondo le necessità storiche ed il gusto estetico che li hanno ispirati.
Una delle tracce più appassionanti e discusse di questo intreccio tra storia e mistero emerge nelle ricerche attualmente in corso dalla metà del 2014, laddove gli interrogativi sull’identità e la collocazione della tomba quattrocentesca gentilizia della Famiglia Ferillo nel Chiostro minore di S. Giacomo della Marca sembrano condurre verso il personaggio leggendario del principe Vlad III, a cui si riferisce la figura letteraria del Conte Dracula. La presenza di un ricco simbolismo esoterico ed alchemico - come la presenza di iscrizioni a parete con codici cifrati ad oggi non ancora comprensibili - rendono questi luoghi leggendari.
Attraversando questi luoghi storici e misteriosi è di grande interesse il dialogo con l’espressione artistica a noi contemporanea; oltre alle tante opere di alto valore storico-artistico, che celebrano la monumentalità del luogo - si pensi, a. es., alla bellezza del soffitto aureo della Chiesa - sono già ben 93 gli artisti contemporanei, che con le loro 148 opere dal 1949 ad oggi costituiscono quasi un umile prolungamento di quel grande mecenatismo che fu dei progenitori di questa insula di vita e di arte.
A rendere evidente questo intreccio tra Vangelo cristiano e la misteriosità del drammatico scontro tra bene e male, ci aiuta anche il recente percorso dedicato all’arte presepiale, che non esprime unicamente un’abilità artigianale, ma, soprattutto, la capacità di saper reinventare nel solco della tradizione locale.
La Chiesa di Santa Maria la Nova è detta la Nova per distinguerla da quella di Santa Maria ad Palatium, risalente al periodo svevo, che sorgeva nel luogo dove fu poi edificato il Maschio Angioino e dove esisteva, fin dal 1216, un convento di frati minori che si voleva fondato da San Francesco.
Carlo I d’Angiò, volendo edificare Castel Nuovo, demolì il complesso cedendo in cambio ai frati, il 10 maggio 1279, il luogo ove si trova l’attuale chiesa e sul quale sorgeva, a guardia del porto, l’antica torre Maestra. Sulle antiche strutture fu edificato il convento e memoria della primitiva sistemazione sono l’aspetto quasi di cinta muraria che il complesso assume sulla via del Cerriglio con il campanile eretto dove probabilmente era la torre, e con un prospetto percosso da un fregio a toro, aperto solo da poche altissime finestre ed ornato da una semplice statua di S. Antonio da Padova. Santa Maria la Nova sorse in stile gotico, ma non si conosce l’artefice della sua costruzione.
L’edificio nel suo aspetto originario ebbe poco più di tre secoli di vita. Tra le cause che determinarono la demolizione della chiesa angioina vanno ricordati il terremoto del 1456 e quelli del 1538, 1561, 1569 e 1588 ma, in misura maggiore, lo scoppio della polveriera di Castel S. Elmo, colpita da un fulmine il 13 dicembre 1587, che la danneggiò gravemente. Il rifacimento della chiesa nel 1596, attribuibile in parte ad Agnolo Franco, fu dovuto anche alle generose offerte dei fedeli seguite, inoltre, da una guarigione miracolosa a favore di un povero storpio dalla nascita, attribuita alla Madonna delle Grazie il 17 agosto 1596.
Del Complesso Monumentale fanno parte i due chiostri di cui quello più piccolo, ospitante alcuni monumenti sepolcrali provenienti dalla chiesa, è affrescato con episodi della vita di S. Giacomo della Marca, attribuiti tradizionalmente a Simone Papa. Dal lato del chiostro piccolo si accede agli ambienti della Sagrestia riccamente decorata e dell’Antico Refettorio, abbellito da un affresco del Bramantino: La salita al Calvario.
L’attuale facciata della chiesa, a due ordini di cui quella inferiore in piperno a vista, è tipica del genere diffuso a Napoli nel XVI secolo. Essa è preceduta da una scalinata con balaustra marmorea; alla sommità, il portale, affiancato da due colonne di granito, è sormontato da un’edicola, in cui è raffigurata la Vergine, di ignoto scultore della prima metà del ‘600.
Cassettonato ligneo ed intagliato, decorato in oro zecchino, con Storie della Vita della Vergine, Santi, Profeti, Virtù e figure dell’Antico Testamento, eseguito nei primi anni del Seicento da Belisario Corenzio, Luigi Rodriguez, Cesare Smet, Giovan Bernardino Azzolino.
Nei riquadri centrali:
- Francesco CURIA (1538-1610 circa), Gloria del nome di Maria.
- Girolamo IMPARATO (notizie 1571-1607), Assunzione della Vergine (1603).
- Fabrizio SANTAFEDE (notizie 1576-1621), Incoronazione della Vergine (1601).
Tra i finestroni della navata e sulla controfacciata:
- Belisario CORENZIO (1558 - dopo 1646), Articoli del Credo (1605), Madonna delle Grazie e Punizione dei dannati.
Lunette sugli archi delle cappelle:
- Nicola MALINCONICO (1673-1721), Virtù (1699-1701).
In alto al transetto:
- Nicola MALINCONICO (1673-1721), Adorazione dei Pastori (firmato e datato 1703) e Adorazione dei Magi.
Su disegno di Cosimo FANZAGO (1633), Agostino BORGHETTI (attivo nella prima metà del Settecento), statue di Sant’Antonio e San Francesco.
Sull’altare:
- Ignoto maestro, Madonna con Bambino, dipinto su rame proveniente dall’antica chiesa.
Ai lati dell’altare:
- Raffaele MYTENS, Due putti reggifiaccole
- Ignoto maestro napoletano, monumento sepolcrale della famiglia d’Afflitto (1580).
Nella volta e alle pareti del coro:
- Belisario CORENZIO, affreschi con Storie della Vergine e Profeti (1603-1621).
Il chiostro presenta volte affrescate con episodi della vita di S. Giacomo della Marca, attribuiti tradizionalmente a Simone Papa e numerosi monumenti funerari quattro-cinquecenteschi disposti lungo le pareti provenienti dalla chiesa.
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